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L'omicidio / Lorenteggio / Via Manzano

Torturò il figlio di 2 anni e lo uccise: ergastolo per il papà violento

Le 30 pagine di motivazioni della Corte descrivono l'orrore della "violenza"

Una vera e propria tortura, prima della morte. L'ha subita il piccolo Mehmet, ucciso dal padre Alijca Hrustic. Quella notte e nei giorni "immediatamente precedenti" il bimbo era una "res", una cosa, "in balia della furia insensata del padre, che lo ha utilizzato come bersaglio della sua violenza", era un "bambino di due anni, vittima da giorni di sevizie e torture". A metterlo nero su bianco è la Corte d'Assise d'appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui, il 13 dicembre, ha condannato all'ergastolo per tortura aggravata dalla morte voluta e maltrattamenti Alijca Hrustic, 29enne accusato di avere ucciso suo figlio di 2 anni e 5 mesi nel maggio 2019.

Bimbo di 2 anni morto in casa (foto MilanoToday/Melley)

La Cassazione, il 13 gennaio 2023, aveva stabilito che era necessario un nuovo processo di secondo grado per rivalutare le accuse di tortura e omicidio volontario, oltre a quella di maltrattamenti. E aveva annullato con rinvio la sentenza d'appello del marzo 2022 che aveva escluso il reato di tortura e, riqualificando l'omicidio volontario in maltrattamenti pluriaggravati culminati nella morte, aveva cancellato l'ergastolo del primo grado, ottenuto dal pm Giovanna Cavalleri a seguito dell'indagine condotta dalla Squadra mobile, e ridotto a 28 anni la pena per l'imputato.

Da qui si è arrivati all'appello bis, che si è chiuso di nuovo con un ergastolo. Nelle 30 pagine di motivazioni la Corte (presidente Peragallo, estensore Zoncu) descrive, passo passo, l'orrore della "violenza" del padre nei confronti del bimbo: "bruciature sotto le piante dei piedi" e sul volto, "molteplici morsi", "calci e pugni" e "umiliazioni". Il piccolo era "completamente indifeso di fronte a delle condotte di tale crudeltà", privato "della sua dignità", "disumanizzato" dal padre che, scrivono i giudici, "lo aveva trasformato in ammasso di carne, sangue e ossa utilizzato solo per soddisfare i suoi bestiali impulsi". Nel processo si è costituita parte civile la madre del bimbo, assistita dall'avvocato Patrizio Nicolò.

Fu l'uomo a chiamare i soccorsi del 118. I sanitari trovarono il piccolo senza vita. Nel frattempo il croato aveva fatto perdere le sue tracce, rifugiandosi in via Manzano, nel quartiere Lorenteggio, insieme alle altre figlie. Fu rintracciato e arrestato dalle forze dell'ordine nella stessa mattinata. I vicini di casa e alcuni parenti lo descrivevano come un uomo violento e senza lavoro. Il padre confessò di avere ucciso Memhed perché non riusciva a dormire. Durante la notte aveva fumato hashish. 

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