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Venerdì, 26 Aprile 2024
Economia

Creste milionarie sui titoli tossici, indagati undici bancari

L'accusa è associazione per delinquere finalizzata all'appropriazione indebita. Indagine della procura di Milano. Per 7 anni, il gruppo ha impunemente guadagnato milioni di euro

Avevano architettato un sistema che per anni avrebbe consentito di intascare 'creste' milionarie sulla compravendita di titoli quotati e non, tramite una finanziaria svizzera che svolgeva attività di intermediazione: é quanto ha scoperto la Procura di Milano che ora ha chiuso le indagini, in vista della richiesta di giudizio per 18 persone, 11 delle quali funzionari o ex funzionari di istituiti di credito italiani, stranieri e di Sim.

L'accusa è associazione per delinquere finalizzata all'appropriazione indebita. Al centro della vicenda c'é la Lutifin, società con sede a Lugano e già venuta e galla ai tempi della ex Bipielle, i cui soci e funzionari sono indagati assieme a un gruppo di bancari che tra il 2002 e il 2009, lavoravano per Banca Popolare di Lodi, Bnp Paribas, Royal Bank of Scotland, Unicredit, Banca Cassa Lombarda e per Banca di Credito Cooperativo di Roma.

L'indagine coordinata dal pm Roberto Pellicano è nata in seguito a un'inchiesta della magistratura elvetica e a una segnalazione di operazioni sospette da parte dell'Unità di Informazione Finanziaria della Banca D'Italia. Operazioni che vedevano come 'protagonista' il Gruppo Lutifin, fino al 2009, anno in cui ha chiuso i battenti, composto da molteplici società con sedi non solo a Lugano, ma anche in Irlanda, Regno Unito, Stati Uniti, Isole Cayman, attivo nel settore dell'intermediazione finanziaria con banche e Sim.

In base agli accertamenti Lutifin acquistava titoli da una banca o sim per poi rivenderli ad un'altra banca o sim. Triangolazioni che venivano chiuse in giornata. Le decine di milioni di plusvalenze realizzate nel corso di 7 anni - 15-20 mila euro per ogni operazione, anche se in un caso è stata trovata una fattura da 600mila euro - secondo l'ipotesi accusatoria sarebbero state convogliate di volta in volta sui conti della Lutifin la quale, poi, ridivideva i guadagni con i responsabili delle due contraenti.

Il sospetto degli inquirenti è che le operazioni servissero anche, in qualche caso, per aggiustare i bilanci delle banche facendo uscire titoli tossici o particolarmente rischiosi per poi farli rientrare "ripuliti". Un sospetto che al momento non ha trovato riscontri anche perché, come si legge nel capo di imputazione, le operazioni di intermediazione "venivano concluse tra parti predeterminate e a condizioni previamente concordate, non rispondenti alle politiche economiche degli istituti di credito" da operatori definiti "infedeli".

E proprio questi operatori infedeli, nel corso degli anni, avrebbero incassato somme notevoli, anche superiori al milione. Nel marzo 2011 il pm aveva chiesto l'arresto per alcuni degli indagati ma il gip aveva respinto l'istanza in quanto la finanziaria da due anni non era più operativa e dunque erano venute meno le esigenze cautelari. .

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