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Si sposano a "Matrimonio a prima vista" ma non riescono a divorziare

I due avevano partecipato al reality ma per errori di forma

Si sono sposati all'inizio della seconda stagione di "Matrimonio a prima vista", a cui avevano partecipato, ma non riescono a farsi annullare le nozze. I protagonisti sono il gelataio di Alessandria Stefano Soban, ora 41enne, e la cantante di Abbiategrasso Sara Wilma Milani, ora 39enne. 

Una premessa: il reality funziona come un esperimento antropologico. Alcuni esperti "selezionano" le coppie sulla base di vari parametri. Le coppie prescelte, accettando di partecipare al reality, si sposano all'inizio della stagione e poi vengono seguiti dalle telecamere della produzione per tre mesi. Gli sposi si conoscono il giorno del loro matrimonio, di qui il nome del programma.

Inutile dire che le cose possono anche non funzionare. Ed infatti per Stefano e Sara, poco dopo le nozze, la decisione è stata quella di separarsi. Occorre specificare che la produzione in questo caso si fa carico delle spese di separazione, se i due sposi decidono in tal senso entro sei mesi. 

L'ufficio del comune di Abbiategrasso a cui si rivolge la donna le spiega però che ci sono dei problemi. Il matrimonio risulta infatti celebrato il 30 novembre 2016 (e non il 21) in un comune della provincia di Potenza, e non quello in cui si sono effettivamente sposati i due, che sarebbe Chiaravalle in provincia di Ancona. Errori di forma che impediscono di avviare la separazione.

I due decidono quindi di presentare istanza di annullamento delle nozze al Tribunale di Pavia. La "scappatoia" è la penale di 100 mila euro richiesta ai concorrenti dalla produzione nel caso in cui avessero deciso di abbandonare il programma anzitempo. Stefano e Sara sostengono di non essere stati "totalmente liberi" al momento del matrimonio perché su di loro pesava, appunto, l'incudine della penale da pagare. 

Ma i giudici di Pavia non concordano e non concedono l'annullamento. Secondo i magistrati, infatti, la coppia era perfettamente consapevole di ciò a cui sarebbe andata incontro contraendo il matrimonio. Il rischio di pagare la penale alla produzione non sarebbe quindi stato "coercitivo".

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