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Cronaca

Sallusti ai domiciliari. "Magistrati complici della mia evasione"

I magistrati hanno scelto: domiciliari (a casa della Santanché). Lui furioso: "Tornerò subito al lavoro, Bruti Liberati non si renda complice della mia evasione"

"Supplico il Procuratore Edmondo Bruti Liberati che mi mandi i carabinieri e mi traducano in carcere". In questo modo il direttore del Giornale Alessandro Sallusti ha commentato la decisione dei giudici di Milano di comminargli gli arresti domiciliari. "Seimila detenuti avrebbero lo stesso mio diritto e invece sono in carcere. Mi rifiuto di essere considerato come parte di una casta", ha aggiunto evidenziando di rischiare di apparire come un privilegiato.

Ribadendo la sua innocenza ("Nessun giornalista - ha detto - può essere sbattuto in carcere o ai domiciliari per un reato che non ha commesso") ha ricordato d'aver chiesto a Paola Severino, ministro della giustizia, d'inviare gli ispettori per capire come mai una sentenza di primo grado con condanna a 5mila euro di multa si è trasformata, in secondo grado, in 14 mesi di reclusione.

Sallusti ha poi promesso che tornerà immediatamente a lavorare al Giornale se effettivamente saranno confermati i domiciliari, e ha chiesto a Edmondo Bruti Liberati di non metterlo "nelle condizioni di commettere un reato (l'evasione dai domiciliari, n.d.r.)". Ha ricordato infine che sulla sentenza, a suo dire, sta scritto il falso laddove si legge che si sarebbe "rifiutato" di pubblicare la rettifica. "Il rifiuto - ha spiegato - presuppone una domanda e nessuno mi ha domandato una rettifica. "Libero" non aveva l'Ansa e non avevo modo tecnicamente di correggere la notizia".

LA "REGGIA" - Alessandro Sallusti si è anche lamentato di essere diventato una sorta di "zimbello" dopo che alcuni quotidiani avevano descritto la casa della sua compagna Daniela Santanché (dove già vive e dove dovrebbe scontare i domiciliari), in zona corso Vercelli, come una specie di "reggia". La Santanché, a sua volta, assistita da Annamaria Bernardini De Pace, aveva reagito contro un articolo de La Stampa (che descriveva minuziosamente la villa, con tanto di fotografia in esterni) annunciando una querela per violazione della privacy ("L'articolo - si legge in una nota - si pone in gravissima violazione della privacy, descrivendo l'ubicazione e caratteristiche interne ed esterne dell'abitazione della signora Santanchè nella quale vive pure il fglio minorenne"). Denuncia, in ogni caso, solo civile: "L'ultima cosa che voglio", aveva commentato la Santanché, "è un altro giornalista in galera".

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