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Economia

L'azienda chiude (anche per colpa di buche e furti): licenziati tutti i dipendenti

Acciona, che nel 2020 aveva portato le sue moto in sharing a Milano, chiude i battenti

Si spengono i motori. Chiude definitivamente i battenti il servizio di moto sharing avviato a inizio 2020 a Roma e Milano da Acciona Mobility Italia, società del gruppo Acciona, la multinazionale del settore energia, costruzioni e infrastrutture e di trasporto innovativo presente in Italia con 39 dipendenti proprio nella Capitale e nel capoluogo meneghino. Almeno finora. Perché con l'addio al servizio, inevitabilmente, tutti i lavoratori saranno licenziati. 

"La direzione societaria ha formalmente trasmesso alle organizzazioni sindacali di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs una procedura di licenziamento collettivo per cessazione di attività per 37 lavoratori a tempo indeterminato, di cui 3 quadri e 34 impiegati, e 2 lavoratori a tempo determinato, a far data rispettivamente dal 16 marzo e dal 12 aprile 2023", ha fatto sapere la stessa Uiltucs in una nota.

Perché chiude Acciona

Ma perché chiude Acciona? "I sindacati hanno stigmatizzato la scarsa competitività e attrattività del marchio, anche considerata l’espansione dei servizi di mobilità sostenibile negli ultimi anni", hanno spiegato le sigle. Dal suo canto, invece, "la direzione aziendale ha evidenziato le criticità legate allo svolgimento del servizio, connesse al numero di percorrenze, alla temporalità dei percorsi e, soprattutto, alle condizioni stradali legate al manto e buche, furti, danneggiamenti elevatissimi, costi assicurativi e di manutenzione che non hanno reso proficue le rendite come in altri paesi ove sono presenti".

Insomma, Acciona si aspettava di guadagnare molto di più a Milano - e in Italia -, ma si è trovata a fare i conti con problemi infrastrutturali e criminalità. Tanto da essere pronta a chiudere.

"In prima analisi e vista la determinazione della cessazione delle attività, i sindacati hanno proposto soluzioni alternative agli esuberi, dalla disponibilità di ricollocazione anche su altri paesi ove il gruppo è presente, senza escludere la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali previsti dalla Legislazione italiana anche per il 2023 alla cassa integrazione per cessazione di attività. L’azienda - hanno annunciato i sindacati - si è dichiarata indisponibile alla ricollocazione e preferisce la definizione di un percorso procedurale celere, auspicando accordo nella fase sindacale senza ricorso alla fase ministeriale, rinunciando altresì a eventuali ammortizzatori, proponendo incentivazione all’esodo, percorsi di outplacement e pagamento dei periodi intercorrenti il termine dei 75 giorni in caso di accordo".

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