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Cronaca

Prostituzione, la Caritas: "La paura del Covid non ha frenato la domanda"

Calano le nigeriane che ormai spesso si fermano in Paesi africani. L'associazione: "Clienti abbiano sussulto di coscienza, miseria materiale senza precedenti"

L'allarme lanciato da Caritas Ambrosiana è pesantissimo: nell'anno del 2020, con la pandemia Covid, la situazione delle donne e trans vittime di tratta o costrette alla prostituzione si è aggravata fino a diventare drammatica. "Allo stato di schiavitù, che annulla o comprime molto la libertà di avere relazioni al di fuori dell'ambiente che le tiene sotto scacco, si è aggiunta una miseria materiale senza precedenti", si legge in una nota dell'associazione, secondo cui il 70% di loro è dovuta ricorrere a forme di aiuto, come quello alimentare, di cui prima non aveva bisogno.

La stima proviene dai dati raccolti attraverso Whatsapp, telefonate, videochiamate da parte degli operatori dell'unità di strada Avenida; il servizio della Caritas Ambrosiana ha effettuato, nel 2020, 48 uscite in strada (metà delle uscite rispetto agli anni precedenti), con 400 contatti totali in strada, 200 chiamate durante il primo lockdown (circa 50 le persone seguite). 

Prostituzione sempre più in casa, "vittime più invisibili"

"Il Coronavirus - osserva suor Claudia Biondi, responsabile dell’area tratta e prostituzione di Caritas Ambrosiana - ha accelerato un processo in corso da tempo: la prostituzione si è ancora di più spostata dalla strada all’indoor e all’online, fenomeno che di per sé rende le vittime ancora più invisibili, difficilmente avvicinabili se non dai clienti e sfruttatori, e quindi più sole. Ma è successa anche un’altra cosa. Una parte di loro, quella più povera e meno attrezzata, sfruttata da sedicenti 'fidanzati', che operano in proprio o affiliati a micro gruppi criminali poco organizzati, non è riuscita ad adattarsi al cambiamento e oggi vive in condizioni di emarginazione ancora maggior che nel passato".

È quanto accade, in particolare, tra i membri della comunità rumena, da anni la principale nazionalità delle donne che Caritas Ambrosiana intercettata in strada e che conferma il suo primato anche nel 2020 con il 53% di presenze. Proprio la mappa dei paesi di provenienza è l’altro dato che denuncia il cambiamento in corso. Continua, in particolare, il calo delle nigeriane (17%), la terza nazionalità dopo quella albanese (21%). Con la diminuzione degli sbarchi sulle coste italiane dal 2018 in poi, la presenza sulle strade di Milano delle donne provenienti dal Paese africano è andata diminuendo.

La tratta delle nigeriane si ferma in Africa

Diverse fonti e l’osservazione degli operatori umanitari sul campo, con cui Caritas Ambrosiana è in contatto, sostengono che le donne che non sono riuscite ad attraversare il Mediterraneo sono rimaste prigioniere nei campi di detenzione libici e lì, per sopravvivere e sperare di raccogliere i soldi sufficienti a continuare il viaggio, si offrono ai loro stessi carcerieri. Nel frattempo, inoltre, la mafia nigeriana, molto strutturata e capace di controllare insieme alla tratta anche il traffico di droga, ha riorganizzato i flussi. Da quando la rotta mediterranea si è interrotta, i clan malavitosi hanno trovato più conveniente orientare le donne, in genere reclutate nei villaggi rurali dello Stato di Edo, verso gli altri Paesi subsahariani. In particolare uno sbocco che è risultato molto profittevole è stato il Niger dove le ragazze vengono costrette a vendersi agli uomini impegnati nell’estrazione dell’oro nelle miniere.

La domanda di sesso a pagamento non si è frenata

Non sembra invece essere cambiata, durante la pandemia Covid, la domanda di sesso a pagamento. Secondo il monitoraggio di Avenida, effettuato anche sui forum online frequentati dai clienti, la paura del contagio non riuscirebbe a frenare il fenomeno. "Anche nei mesi più duri della pandemia, quando a Bergamo sfilavano i camion dell’esercito con le casse dei defunti che non potevano essere seppelliti nel cimitero cittadino, non abbiamo mai sentito nessuno preoccuparsi di esporre al contagio se stessi, le proprie mogli e familiari, le stesse donne con le quali andavano", commenta Nadia Folli dell'unità di strada Avenida: "In cima ai pensieri dei clienti c’era piuttosto, cinicamente, il timore che le donne potessero aumentare il prezzo per rifarsi dei mancati guadagni".

"I clienti abbiano un sussulto di coscienza"

E la Caritas Ambrosiana, con il direttore Luciano Gualzetti, chiede "un sussulto di coscienza da parte dei clienti: non è possibile ridurre quelle donne a dei corpi senza anima, sentimenti, paure. Bisogna imparare a guardare il dramma che c’è dietro le loro storie". Ma chiede anche "reali opportunità di inserimento nel mercato del lavoro" per le vittime della tratta, per le quali "non è sufficiente offrire accoglienza. La crisi sociale che si è aperta con la pandemia non può essere un alibi per dimenticarsi degli ultimi, ma al contrario deve essere un’occasione per ripartire da loro".

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