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Economia

Zona Monluè: La Grangia per i rifugiati e i richiedenti asilo

“Una casa per quelli che non possono tornare indietro”

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di MilanoToday

Disponibili sul sito www.chiediloaloro.it i quattro video relativi alla Grangia di Monlué raccontano, attraverso le testimonianze dei sacerdoti, delle suore e dei volontari i progetti realizzati. Nel borgo rurale di Monluè, oggi stretto tra Tangenziale Est e aeroporto di Linate, alle spalle della chiesa romanica di San Lorenzo, funziona la Grangia. Prende il nome dell’antico deposito monastico di grano, il centro nato nel 1986 su impulso del cardinale Martini come approdo per i rifugiati. Le suore Figlie di Maria Bambina con circa 40 volontari li accolgono nella casa, diretta da suor Vincenza Cornolti.

Sopravvissuti a torture e persecuzioni politiche o religiose, vengono da Sudan, Nigeria e Corno d’Africa, ma non mancano presenze dal Medio Oriente, oltre a pakistani, afghani e siriani. “Spesso restano in silenzio a lungo, ma nel corso dei 6-8 mesi di accoglienza riprendono la vita nelle proprie mani” dice don Marco Bove, 52 anni, sacerdote da 26, presidente della Grangia, di cui è coordinatrice Paola Spagni.

Tra le attività, oltre a vitto e alloggio, in uno stile familiare dove ognuno è responsabilizzato, corsi di formazione e tutoring per la ricerca del lavoro (nei settori facchinaggio, commercio, panificazione, edilizia). Il paradosso dei 15.700 rifugiati in Italia (pochi a fronte dei 77.500 in Germania o 60.600 in Francia) è infatti quello di una risposta a metà: il loro status è riconosciuto nel 40% dei casi, ma senza reale rispetto della legislazione umanitaria internazionale, con alloggi, vitto, apprendimento dell’italiano o assistenza sanitaria.

Se non da associazioni private. L’8xmille con 25 mila euro l’anno sostiene il progetto, insieme a istituzioni pubbliche e benefattori. “I rifugiati sono quelli che non possono tornare indietro -spiega don Marco-. Da Abramo in poi l’emigrazione ha attraversato la storia dell’uomo a causa di guerre e carestie. Dobbiamo imparare a guardare in modo diverso questi nostri fratelli”.

Sono oltre 130 i ragazzi riportati sui banchi di scuola da padre Eugenio Brambilla, uno dei nuovi “don Milani” che in Italia ha fatto dello studio una priorità per le nuove generazioni. Perché la crisi che pesa su di loro si batte nelle aule, non fuori. Barnabita, viceparroco di Sant’Alessandro, raggiunto dai fondi 8xmille per il sostentamento dei preti diocesani, padre Eugenio ha coinvolto ragazzi spenti dal disagio ambientale con progetti su misura per ognuno, in scuole popolari aperte 13 anni fa nel quartiere Gratosoglio, periferia sud di Milano (dal 2011 anche alla Barona). In tutto circa 30 allievi l’anno. Altissima la percentuale di successo all'esame di licenzia media. Il nome della Scuola popolare I Care rimanda al curato di Barbiana.

Ma dati Istat 2012 indicano che la scuola è tutt’oggi liquida per i minori italiani. Mancano all’appello due studenti su dieci. Il 18,8% tra i 18-24 anni interrompe gli studi prima del diploma (14% la media Ue). Record negativi in Sicilia (26%) e Sardegna (23,9%) con cifre inattese anche nel nord industrializzato. Nel 2012 la diocesi di Como ha evidenziato come nella provincia lariana manchino dalle aule circa un minore su 5. Spesso i genitori iscrivono ragazzi di 14-16 anni, reduci da ripetute bocciature, che sarebbe problematico reinserire in aula accanto ad undicenni. Padre Brambilla e collaboratori (le onlus Farsi prossimo e Antigua) lavorano in sinergia tra scuola di provenienza del ragazzo (che fisicamente però studierà nelle aule di I Care), studente, famiglia e formatori. Costo: meno di 70mila euro l'anno. I fondi 8xmille hanno assicurato l’assunzione annuale di un formatore, ma concorrono anche privati e istituzioni. Anche le attività della scuola popolare I Care sono descritte sul sito www.chiediloaloro.it attraverso quattro video che mettono in luce i risultati raggiunti grazie all’impegno di Padre Eugenio, dei volontari e degli studenti che hanno ritrovato la voglia di studiare e di creare le premesse per un futuro migliore.

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