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Daspo urbano, non vale per chi fa accattonaggio molesto

La decisione durante la discussione sul provvedimento, che ha spaccato la maggioranza di centrosinistra

Niente daspo urbano per chi chiede l'elemosina in modo molesto. La decisione è stata presa dalla giunta (e comunicata da Anna Scavuzzo, vice sindaco) dopo una giornata di botta e risposta nel centrosinistra meneghino. Non è un mistero che l'ala sinistra del Pd, così come Milano Progressista, non siano favorevoli al Daspo come misura per risolvere i problemi legati a sicurezza e degrado in città.

La proposta per escludere dal Daspo chi chiede l'elemosina è stata presentata sotto forma di emendamento da tre consiglieri del Pd: Carlo Monguzzi, Alessandro Giungi e Diana De Marchi. Sostenuta da gran parte del mondo cattolico e da partiti di centrosinistra, da Sinistra X Milano ai Verdi, l'idea di base è che l'accattonaggio "molesto" è già un reato e, se dovesse essere inserito nell'elenco di quelli passibili di Daspo urbano, si sarebbero potuti creare fraintendimenti andando magari a colpire chi chiede semplicemente l'elemosina.

Il consiglio comunale si sta occupando di Daspo urbano il 25 e 26 luglio. Dopo la decisione della giunta, infatti, serve comunque l'approvazione da parte dell'aula. Come si sa, il Daspo urbano (ovvero il divieto di frequentare una certa zona) è reso possibile dal decreto sulla sicurezza di Marco Minniti, ministro dell'Interno del Pd durante il governo Gentiloni. Un provvedimento poi ampliato dall'attuale ministro Matteo Salvini. 

Milano Progressista ha annunciato il voto contrario in aula, se non si troveranno mediazioni interne al centrosinistra. Intanto, però, come si diceva, la giunta ha accettato una proposta "mirata" per escludere dalla possibilità di ricevere un Daspo almeno coloro che sono sorpresi a fare accattonaggio "molesto". Per loro, dunque, non cambia alcunché. 

Il Daspo è previsto dal decreto come "base di partenza", ma spetta ai Comuni elaborare un provvedimento ad hoc perché si possa applicare. Nel provvedimento, i Comuni devono indicare sia le zone in cui sarà possibile applicare il Daspo, sia le "categorie" di persone a cui potrà essere comminato, a partire da una serie predefinita dal decreto. 

Le zone rosse

Le "zone rosse" scelte dalla giunta sono parecchie: Porta Venezia – C.so Buenos Aires; ex Porto di Mare – via San Dionigi – via Fabio Massimo – via Sant’Arialdo; Stadio di San Siro; Centro Storico – Cerchia interna; Navigli; Darsena-Ticinese – Conca del Naviglio; Sempione – Arco della Pace; C.so Garibaldi – C.so Como – Piazza Gae Aulenti; Ospedale San Paolo; Ospedale San Carlo – Retro Area Caserma Perrucchetti; Ospedale Niguarda.

Oltre a queste, anche quelle adiacenti (fino a 100 metri) i plessi scolastici di ogni ordine e grado, gli istituti universitari e di ricerca; le aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati e pubblici spettacoli; le aree adibite a verde pubblico; le aree adiacenti i presidi sanitari, gli ospedali, le case di cura e le cliniche; le aree e parchi archeologici, complessi monumentali e altri siti e luoghi della cultura.

Le sanzioni previste insieme all’ordine di allontanamento vanno da euro 100 a euro 300, mentre per la violazione dell’ordine di allontanamento si aggiungono da 200 a 600 euro.

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